martedì 6 ottobre 2009

Riflessione su esempi di cinema come opera aperta Parte 2 Il quarto potere de La guerra dei mondi, prima di Citizen Kane



Interessante è lo stimolo contenuto in Synopsis, infatti Orson Welles, protagonista dello sceneggiato radiofonico, debutterà come regista del lungometraggio Quarto potere il cui cardine è proprio la riflessione sul potere sociale e politico che i nuovi media. Vi è quindi un ponte tra l’opera radiofonica, che mostra gli effetti del quarto potere in tutta la sua violenta reazione e la riflessione sociologica del film.

Quarto potere: definizione sociologica
Si usa denominare quarto potere la capacità dei mass media di influenzare le opinioni e le scelte dell'elettorato. È questo un uso metaforico del termine potere, ispirato alla teoria giuridica della separazione dei poteri dello stato.
Il concetto emerse con la diffusione della stampa e l'enorme diffusione della televisione, che è diventata l'unica fonte di informazione per la stragrande maggioranza della popolazione dei paesi democratici, ha reso ancora più attuale il problema del riconoscimento costituzionale.
I rischi principali per la democrazia in seguito ad un uso improprio di questo potere, sono costituiti dal controllo politico dei mezzi di informazione e dall'accentramento di essi nelle mani di un ristretto gruppo di persone. In questi due casi infatti, considerando che coloro che controllano i media tendono in genere a filtrare le informazioni che sono in contrasto con i propri interessi, si avrebbe una mancanza di pluralismo, e si ostacolerebbe quindi la possibilità dei cittadini-elettori di formarsi delle opinioni informate e di attuare delle scelte informate.

Citizen Kane: lo spettatore è protagonista
Quarto potere è il primo lungometraggio diretto da Orson Welles. Liberamente ispirato alla vita del magnate statunitense William Randolph Hearst, uscì nelle sale il 1º maggio 1941. Quarto Potere è considerato uno dei migliori film della storia del cinema. Quarto potere fu una pietra miliare anche per la forza con la quale sottolinea la centralità del regista, "autore" nel senso pieno del termine, rispetto all'allora dominante studio system. Il film narra la vita del magnate della stampa Charles Foster Kane incapace di amare se non "solo alle sue condizioni", con la conseguenza del vuoto attorno a sé rimanendo così solo all'interno della sua gigantesca residenza (Xanadu), dove muore abbandonato da tutti.
Welles, servendosi di una sequenza di flashback mostra i frammenti della vita del magnate, quasi fossero i pezzi di un gigantesco puzzle. Allo spettatore è lasciato il compito di ricomporre - in tutta la sua complessità - la personalità di Charles Foster Kane. Ma si tratta di uno sforzo vano, poiché i frammenti della vita di Kane non permettono di comprenderne l'intima essenza, se non a chi fu testimone dell'unico fatto - di fondamentale importanza - che determinò il trauma di Kane: l'allontanamento dai genitori, fortemente voluto dalla madre allo scopo di affidarlo alla tutela di un uomo d'affari, incaricato di amministrare la sua smisurata eredità. Kane, giovanissimo erede di una colossale fortuna, venne così strappato al suo mondo d'infanzia. Da adulto concepirà l'amore come possesso, non come dono, e ciò lo condurrà inesorabilmente alla disperazione e all'isolamento.
Welles realizza così un’opera aperta che chiama il pubblico non solo a riflettere su se stesso e sui meccanismi che i mass media attuano, ma coinvolge lo spettatore nel tentativo di ricostruire la figura di Kane fornendo allo spettatore tutti i “pezzi” necessari per risolvere l’intricato rompicapo, ma sta appunto al fruitore trovare la composizione giusta. Questa volontà del regista è mostrata anche attraverso scelte stilistiche come l’utilizzazione sistematica della profondità di campo attraverso la quale lo spettatore è più responsabilizzato, sta a lui scegliere l'elemento sul quale porre l'attenzione. Nel caso del montaggio classico, viceversa, lo spettatore si limita a seguire la guida dell’autore, che decide per lui ciò che è necessario vedere. Quarto potere segna invece un nuovo corso nella storia del cinema, modificando non solo le strutture del linguaggio cinematografico, ma anche i rapporti tra lo spettatore e l’immagine. Se il cinema classico propone una verità univoca, una verità comoda, per cui non c’è alcun bisogno di scomodarsi, nel cinema moderno lo spettatore è esposto ad un sistema polisemico e incompleto, dove tutto non è già stato stabilito. Lo spettatore non si limita a contemplare, ma diventa attore, influisce sul funzionamento del sistema, o quantomeno è consapevole del ruolo che potrebbe avere.

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